Svolgimento di altra attività lavorativa al di fuori dell’orario di servizio





Buongiorno, sono un dipendente del settore commercio.
Ho inoltrato il 24 Luglio una richiesta al datore di lavoro per l'autorizzazione ad aprire partita iva per svolgere libera professione al di fuori degli orari lavorativi (sono biologo nutrizionista e personal trainer).
La richiesta è stata accettata come prestazione occasionale (in quanto attività non in conflitto di interessi ecc ecc.. ai sensi del codice di comportamento interno, che allego) ma mi è stata negata l'apertura della p.iva.

RISPOSTA

Da un punto di vista del datore di lavoro, il diniego all'apertura della partita Iva è conseguenza logico giuridica dell'autorizzazione a svolgere soltanto prestazione occasionale.
Colui che svolge esclusivamente prestazioni occasionali non è tenuto ad emettere fattura, pertanto non ha il dovere di aprire partita Iva.



Essendo tuttavia la p.iva obbligatoria per svolgere la professione (condizione imposta dall'ordine dei biologi), la richiesta, in sostanza, mi è stata negata (ho evidenziato la necessarietà della p.iva) avrei due quesiti/delucidazioni:
1) in data 28 Giugno è stato pubblicato in G.U. di decreto legislativo n. 104/2022, attuativo della direttiva UE 2019/1152 ed operativo dal 13 Agosto. Di questa cosa mi ha avvisato l'Azienda stessa, in quanto ha richiamato la direttiva nella risposta alla mia richiesta (_"Pur tuttavia, considerato che è in corso di pubblicazione il Decreto Legislativo recante attuazione della Direttiva UE 2019/1152 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell'Unione Europea riguardante tra l'altro la materia della c.d. "attività extra lavorativa" che potrebbe comportare modifiche anche all'attuale assetto normativo aziendale").
Questo decreto (che allego) riforma la materia e l'art. 8 stabilisce chiaramente "che salvo l’obbligo previsto dall’articolo 2105 del codice civile, il datore di lavoro non può vietare al lavoratore lo svolgimento di altra attività lavorativa in orario al di fuori della programmazione dell’attività lavorativa concordata, né per tale motivo riservargli un trattamento meno favorevole. Il datore di lavoro può limitare o negare al lavoratore lo svolgimento di un altro e diverso rapporto di lavoro qualora sussista una delle seguenti condizioni (....e non è il mio caso)".

RISPOSTA

Esatto, non si tratta del tuo caso.
Le condizioni sono quelle previste dal comma 2 dell'articolo 8 del decreto legislativo “trasparenza” n. 104/2022:
a) un pregiudizio per la salute e la sicurezza, ivi compreso il rispetto della normativa in materia di durata dei riposi;
b) la necessita' di garantire l'integrita' del servizio pubblico;
c) il caso in cui la diversa e ulteriore attivita' lavorativa sia in conflitto d'interessi con la principale, pur non violando il dovere di fedelta' di cui all'articolo 2105 del codice civile.

Il comma 1 dell'articolo 8 del decreto legislativo “trasparenza” limita notevolmente la discrezionalità del datore di lavoro, al momento del rigetto della richiesta di autorizzazione a svolgere un secondo lavoro.
Art. 8 d.lgs. 104/2022. Cumulo di impieghi
1. Fatto salvo l'obbligo previsto dall'articolo 2105 del codice civile, il datore di lavoro non può vietare al lavoratore lo svolgimento di altra attività lavorativa in orario al di fuori della programmazione dell’attività lavorativa concordata, ne' per tale motivo riservargli un trattamento meno favorevole.
Il diniego da parte del datore di lavoro deve essere motivato esclusivamente in ragione delle fattispecie di cui al comma 2 dell'articolo 8, ossia violazione dovere di fedeltà, conflitto d'interessi, pregiudizio per la salute e la sicurezza, tutela dell'integrità del servizio pubblico.



Ho contattato l'ufficio personale che si occupa della questione per capire le tempistiche, non mi hanno risposto per iscritto

RISPOSTA

Guarda caso …



Ma mi hanno telefonato rispondendo in modo evasivo, dicendomi che ci vorrà tempo (forse mesi...) perchè l'azienda deve adeguare il proprio codice interno, si deve interfacciare con sindacati, ecc ecc...

RISPOSTA

La gerarchia delle fonti del diritto prevede che la legge sia una fonte di rango primario e che un codice disciplinare in contrasto con la legge, debba essere disapplicato anche prima della sua formale modifica (adeguamento del codice disciplinare alle norme di legge).



La mia domanda è:
Se reinoltro la medesima richiesta ad inizio settembre, mi può essere ancora rifiutata (ok attività ma no p.iva)?

RISPOSTA

No



Come è possibile che una norma di rango superiore (dlgs, addirittura attuativo di una direttiva UE) possa essere "scavalcata" da un regolamento interno (o dal ccnl) che non si siano ancora adeguati al dlgs?

RISPOSTA

I regolamenti interni contrari alla legge devono essere immediatamente disapplicati.
L'articolo 8 del decreto trasparenza ha fatto salva la normativa in materia di pubblici dipendenti, ossia l'articolo 53 del decreto legislativo n. 165/2001 (al comma 4 dell'articolo 8) … ma non ha “salvato” la contrattazione collettiva oppure i regolamenti disciplinari delle varie aziende private in contrasto con le norme di rango primario.



Possono "prendere tempo" e rimandare la cosa ad avvenuto aggiornamento della normativa interna?

RISPOSTA

No



Residuale qualora il punto 1 sia a me favorevole:
il motivo del diniego consiste nel fatto che l'apertura della p.iva è considerata attività non occasionale (riservata ai dipendenti part-time).
Tuttavia, la mia attività avverrebbe con carattere occasionale, ma l’apertura di p.iva è una condizione necessaria per poterla svolgere!
Vorrei capire se “p.iva” significa o è sinonimo di “non occasionale” per la legge o per il datore di lavoro!

RISPOSTA

Partita Iva è sinonimo di professionalità ed abitualità dell'attività ai fini IVA.
Ad ogni modo si tratta di aspetti non pertinenti alla presente fattispecie, considerato che il diniego (anche diniego parziale), potrebbe essere motivato soltanto in ragione delle fattispecie di cui al comma 2 dell'articolo 8, ossia violazione dovere di fedeltà, conflitto d'interessi, pregiudizio per la salute e la sicurezza, tutela dell'integrità del servizio pubblico.
Vogliamo forse sostenere che l'apertura della partita Iva nuoce gravemente alla salute del lavoratore dipendente?!



Allego l'art.4 del codice interno di comportamento dice: “…ai dipendenti è vietato svolgere attività …che comportino la titolarità della Partita IVA… L’autorizzazione potrà essere concessa per lo svolgimento in via occasionale solo ove sussistano le circostanze indicate al successivo comma 2 e comunque a condizione che le attività siano disimpegnate esclusivamente al di fuori dell’orario di lavoro. Sussistendo tali circostanze e condizioni, l’autorizzazione all’esercizio in via non occasionale di tali attività con apertura della correlata Partita IVA potrà essere concessa solo ai Dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale”
Quindi, mi sembra sia scritto chiaramente che autorizza l’attività occasionale (salvi i requisiti del comma, che cmq sono soddisfatti perché il secondo paragrafo della risposta lo esplicita) ma riserva per dip. part-time l’attività non occasionale.
Qualora il punto 1 vada "per le lunghe", posso insistere su questa cosa?
Grazie.

RISPOSTA

Si tratta di una normativa interna disciplinare da disapplicare, a prescindere dalla sua successiva modifica, in ragione del contrasto con l'articolo 8 del decreto trasparenza.
Tutte le altre considerazioni, per quanto ragionevoli, non sono più inerenti all'attuale quadro normativo dell'ordinamento giuridico giuslavoristico.
A disposizione per chiarimenti.
Cordiali saluti.

Fonti: