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- Scritto da Bruno Giuseppe, Avvocato
Diritto di Abitazione coniuge superstite residente anagraficamente in un altro Comune al momento del decesso
Buongiorno, Cortesemente desidero conoscere se ci sono delle sentenze o altro (dottrina – giurisprudenza), che sanciscono inequivocabilmente e riferite esclusivamente:
- al "Diritto di Abitazione" spettante, ai sensi dell'art. 540 c.c., al coniuge superstite legalmente sposato in comunione di beni e residente anagraficamente in un altro Comune al momento del decesso del de cuius, per un immobile di proprietà esclusiva del de cuius;
RISPOSTA
La residenza anagrafica è irrilevante ai fini della giuridica configurazione del diritto di abitazione in favore del coniuge superstite, previsto dall'articolo 540 del codice civile. Non troverai una sola norma di legge, una sola sentenza, un solo autorevole parere della dottrina che attribuisce autonoma rilevanza alla residenza anagrafica del coniuge superstite, per un motivo molto semplice: la legge non obbliga i coniugi ad avere la stessa residenza anagrafica. La scelta della residenza anagrafica potrebbe avere degli effetti dal punto di vista fiscale (Imu sull'abitazione principale), tuttavia l'oggetto della presente consulenza ha natura civilistica e non fiscale, pertanto non dobbiamo farci portare fuori strada dai tanti pareri e dalle tante sentenze in materia di IMU sulla prima casa dei coniugi.
Facciamo un esempio concreto: se il marito, per esigenze di lavoro o di carriera, si trasferisce dalla casa coniugale di Roma, presso un appartamento in locazione oppure in proprietà a Milano, sposterà anche la sua residenza anagrafica.
Ciò non toglie che la concreta residenza familiare resterà pur sempre la casa in Roma, ossia il centro degli affetti e degli interessi della famiglia. Nel momento in cui dovesse decedere la moglie, il marito avrà diritto di abitazione presso la casa familiare di Roma, nonostante la residenza anagrafica in Milano.
Tutto ciò per un motivo molto semplice: non è possibile dedurre dal trasferimento anagrafico presso l'abitazione milanese, la volontà del marito di non riconoscere più l'abitazione romana, quale casa coniugale.
Le motivazioni del trasferimento anagrafico sono dettate da esigenze di lavoro o di carriera. Discorso differente se il marito fosse andato a vivere a Milano, a seguito di una separazione legale da sua moglie, separazione volontaria senza addebito di colpa, non seguita dal divorzio. In questo caso infatti, il trasferimento della residenza anagrafica sarebbe un indice sintomatico inequivocabile, del disconoscimento della casa in Roma, quale abitazione familiare dei due coniugi. Il trasferimento della residenza anagrafica, in questo caso è sintomo dell'interruzione della comunione di vita spirituale e materiale dei coniugi … non essendo dettato da esigenze lavorative, anziché dall'opportunità di avvicinarsi ad un genitore che necessita di assistenza o di una figlia che sta per partorire etc etc
Il diritto di abitazione ex art. 540 c.c., non può nascere in capo al coniuge che abbia volontariamente interrotto la convivenza e abbia stabilito altrove la propria residenza. Il diritto di abitazione riconosciuto al coniuge superstite sulla casa coniugale (e relative pertinenze), si acquisisce automaticamente all’apertura della successione, come disciplinato dall’art. 540 del Codice Civile. L’oggetto è dunque la casa adibita a residenza familiare e la condizione fondamentale, affinché il coniuge veda nascere a proprio vantaggio il diritto di abitazione, è che la casa e gli arredi siano “di proprietà del defunto o comuni” ai due coniugi, anche in presenza di altri eredi.
L’articolo 540 del Codice civile stabilisce che il coniuge rimasto vedovo/a ha diritto di continuare ad abitare in quella che, prima, era la casa coniugale ossia l’immobile adibito a residenza della famiglia, dove cioè la coppia viveva abitualmente per gran parte dell’anno.
Possiamo fare riferimento alle seguenti sentenze della suprema Corte di Cassazione: secondo la sentenza della Cassazione civile n. 13407/2014: I diritti di abitazione e d'uso riservati al coniuge superstite dall'art. 540, secondo comma, cod. civ. riguardano l'immobile concretamente utilizzato come residenza familiare prima della morte del "de cuius", sicché essi non spettano al coniuge separato senza addebito, qualora la cessazione della convivenza renda impossibile individuare una casa adibita a residenza familiare.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 13407 del 12 giugno 2014)
Anche la sentenza della Cassazione civile n. 4088/2012, fa riferimento al CONCRETO utilizzo della residenza familiare, concetto diametralmente opposto alla residenza anagrafica. Il diritto di abitazione, che la legge riserva al coniuge superstite (art. 540, secondo comma, c.c.), può avere ad oggetto soltanto l'immobile concretamente utilizzato prima della morte del "de cuius" come residenza familiare.
A conferma del così detto criterio della CONCRETEZZA della scelta dei coniugi relativa alla casa coniugale, possiamo anche citare la sentenza della Cassazione civile n. 2159/1998: “I diritti reali di abitazione e di uso dei mobili che l'arredano, riservati per legge, a titolo di legato, al coniuge superstite (art. 540 c.c.), hanno ad oggetto la casa coniugale, ossia quella che in concreto era adibita a residenza familiare, e non quella ove i coniugi, prima del decesso di uno di essi, avrebbero voluto fissare la residenza della famiglia (art. 144 c.c.). (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 2159 del 27 febbraio 1998)
Se il requisito di possedere la "Residenza Familiare" si riferisce alla "Residenza Anagrafica", da applicare al caso in esame. In attesa di un Suo cortese riscontro, invio Distinti saluti
RISPOSTA
Assolutamente no, perché la Cassazione fa riferimento ad un concetto diametralmente opposto rispetto alla residenza anagrafica.
Allora dovremmo chiederci per quale motivo il marito, alla morte di sua moglie, era residente anagraficamente a Milano.
Per lavoro?
Per assistere suo padre malato gravemente e residente a San Giuliano Milanese?
Oppure perché si era separato consensualmente dalla moglie in attesa del divorzio?
Stesso discorso nell'ipotesi in cui, anche in assenza di separazione legale, avesse iniziato una nuova effettiva convivenza con un'altra donna, presso l'immobile in Milano.
Lo spostamento della residenza anagrafica è forse un indice sintomatico di un disconoscimento della precedente casa coniugale ubicata in Roma?
La Cassazione ci invita ad esaminare la questione con un approccio concreto e non sulla base delle formalità anagrafiche.
A disposizione per chiarimenti.
Cordiali saluti.